Startup Tips: Cos’è il Lean Canvas e come usarlo

In Breve:

 

Nelle tasche di uno startupper , il Lean Canvas non può mancare mai. Si tratta di uno strumento fondamentale sia in fase divergente (di raccolta delle idee), sia in fase convergente, di sintesi. Dovrebbe essere quel documento a cui ciclicamente ci si riferisce per schiarirsi le idee, riallineare la strategia o prendere decisioni. Il lean Canvas è presente e futuro della nostra startup. Ma come è fatto e come funziona?

Derivato dal Business Model Canvas (BMC) creato da Alexander Osterwalder, è stato ripreso poi da Eric Ries in “The Lean Startup”. La versione attuale è di Ash Maurya, teorizzata in “Running Lean” (che è, tra parentesi, anche il CEO di Leanstack.com, dal quale è presa l’immagine di copertina).

Un Lean Canvas è un framework che permette di ragionare sulle diverse aree di impatto della nostra idea, che sono:

  1. Segmento dei clienti (e clienti-tipo)
  2. Problema (e soluzioni esistenti)
  3. Revenue Streams (canali di profitto)
  4. Soluzione
  5. Unique Value Proposition (Proposta di valore)
  6. Canali
  7. Metriche Chiave
  8. Struttura dei costi
  9. Unfair Advantage (Vantaggio Competitivo)

Ci sono diverse versioni su quale debba essere l’ordine in cui questi temi vengono affrontati.
La versione proposta sopra è dello stesso Ash Maurya, anche se personalmente mi trovo meglio a ragionare partendo dal problema e non dal customer segment, posto che l’approccio non è univoco ma è corretto fare diversi cicli e ri-editare il Lean Canvas man mano che nuove idee vengono alla luce.

L’approccio al Lean Canvas

Vanno considerati 2 punti di vista:

  • Quello dell’utilizzatore – che fruirà del servizio
  • Quello del cliente – che pagherà il servizio

Ad esempio, nel caso di Google, il mio business model si compone di:

  • Gli utilizzatori – gli utenti di internet che compiono ricerche tramite Google
  • I clienti – le aziende che pagano per apparire in alto nei risultati di ricerca della SERP (Search Engine Result Page, la “pagina dei risultati delle ricerche”)

A volte si tratta di una unica entità (ad esempio nella vendita di prodotti B2C) – ad ogni modo le due parti sono fortemente sovrapposte.
Io di solito parto dagli utilizzatori, in quanto mi sono più chiari sin dall’inizio il problema e la soluzione.

Segmento dei clienti (e clienti-tipo)

  • Approccio | Definire i clienti a cui ci rivolgiamo
  • Tipico errore |Essere troppo generici.
    Il mio target deve sempre avere una certa specificità. Facebook è partito da college students prima di ampliarsi.
    The point raccoglieva persone con problemi in comune. Dopo un paio d’anni senza una revenue stream soddisfacente, si sono resi conto che la maggior parte delle persone all’interno della piattaforma si riuniva per formare gruppi d’acquisto. Così nasce Groupon.
  • Tra i gruppi di clienti individuati, ci si focalizza su quello che riteniamo il più rappresentativo (in questa fase) e lo useremo nella nostra mente per riempire il resto del Canvas.
  • Vanno poi specificati gli Early Adopters, ossia i clienti che hanno necessità “sopra la media” e saranno i primi ad utilizzare il nostro servizio. La logica sottesa è semplice: “se non riusciamo ad avere gli early adopters, sarà molto più difficile avere gli altri clienti”.
ESEMPIO:
Per utilizzare l’esempio dello stesso Ash, supponiamo di voler creare un nuovo servizio di photo sharing. I miei clienti saranno fotografi, designers grafici, genitori. Se ci focalizziamo sull’ultima categoria, potremmo definire gli early adopters come “mamme con bambini piccoli” in quanto possiamo aspettarci che saranno le più propense a condividere foto.

Problema (e soluzioni esistenti)

  • Approccio | Definire almeno 3 problemi che andremo a risolvere
  • Tipico errore |Anche qui, essere troppo generici.
    Un modo per essere più specifici è ad esempio analizzare le necessità degli Early adopters, ad adottare il 5-Whys Method, inventato nel Lean Production Toyota, utilizzato anche nel DMAIC System (Define, Measure, Act, Improve, Control).
    Consiste semplicemente nel partire da un problema e chiedersi 5 volte perchè, sino a raggiungere quella che veien definita la Root Cause (o radice) del problema. Tramite questo tool si possono evidenziare numerosi problemi specifici. Se non è così significa che noi per primi non abbiamo chiaro l’ambito, e non sapere esattamente il problema..beh, è un problema. 🙂
  • Vanno poi indicate le alternative esistenti

ESEMPIO: sempre per rimanere nell’ambito del photo sharing, potrei partire definendo il generico problema “Oggi condividere le foto è faticoso”, per far emergere altri sotto-problemi quali ad esempio: è time consuming, i genitori hanno poco tempo, o l’alta richiesta da parte degli altri parenti.
Le alternative esistenti dovrebbero considerare oltre che a Facebook o instagram, ad esempio, anche emails, sebbene sia un metodo meno usato è comunque free  e ampiamente diffuso.

Clienti e problemi sono i due pilastri su cui si basa l’intero modello: vale la pena soffermarsi a guardarli nel suo complesso per verificare che tutto “giri”.

Revenue Streams (canali di profitto)

Se clienti target e soluzioni sono allineati, si passa alle Revenues, che sono il nostro ossigeno. Come dice lo stesso Maurya, “I ricavi sono come l’ossigeno: noi non viviamo per l’ossigeno ma ci serve per vivere”.
Inizialmente ero solito a ragionare sulla value proposition prima, ma partire dalle Revenues dà in effetti un’altra “spinta”. 3 punti da considerare:

  • I nostri clienti (che come scritto sopra non è detto che siano gli utilizzatori)
  • Cercare i Monetizable pain , ossia denaro speso oggi dai clienti sulle alternative esistenti. Individuare quindi il tempo speso oggi per risolvere un problema di cui se si può proporre soluzione, può essere monetizzato subito.
  • Definire il pricing del prodotto/servizio. Non è il prezzo ottimo, si tratta di un Value-Based (ossia basato sul valore) delle alternative esistenti.

Soluzione

Tipicamente il box su cui si spende più tempo, è spesso quello da cui si parte,. Non a caso però Ash Maurya l’ha inserito cronologicamente dopo la definizione dei problemi: un problema che rimane senza soluzione o una soluzione che non impatta su alcun problema (o lo fa marginalmente) significa che dovremmo probabilmente schiarirci le idee.

Unique Value Proposition (Proposta di valore)

Sapresti descrivere il tuo prodotto in un’unica, breve frase nello spazio di un tweet?
Questo è ciò che dovrebbe essere la proposta di valore, ossia la promessa che stiamo facendo ai nostri clienti.

Ci sono alcune linee guida per costruire una UVP di impatto:

  • Costruisci la UVP intorno al tuo problema principale e evidenzia i finished story benefit, ossia i benefici diretti che un cliente ha dopo aver usato il tuo prodotto.
  • Evita buzz words senza valore aggiunto (come veloce, comodo, semplice..) ma piuttosto:
  • Sii specifico
  • Stai sotto i 140 caratteri

Secondo Dane Maxwell, c’è una “formula magica” per la costruzione di una UVP (o generalmente di una headline) di successo:

Risultato finale che vogliono i clienti + periodo temporale specifico + obiezioni che potrebbero avere

ESEMPI:

  • Perdi 5 kg in 2 settimane senza esercizi o medicinali
  • Pizza consegnata a casa tua entro 30 minuti o vi rimborsiamo
  • Trova i lavoro dei tuoi sogni in 30 giorni

A questo punto, va solo definito l’High concept level (ossia il concetto di alto livello). Esso non devo sostituire la UVP ma piuttosto arricchirla con esempi già consolidati che siano già chiari nella testa dei clienti.
Ad esempio, se stessi promuovendo un nuovo servizio di consegna frutta fresca a domicilio, potrebbe essere “FastFruit, L’amazon della frutta. A casa tua”

Canali

Va bene, ho precisamente definito i clienti.. ma come arrivo a loro per comunicargli la mia UVP (Unique Value Proposition)?
I canali definiscono il mio percorso verso i clienti, che va definito sin dal primo giorno e deve essere possibilmente scalabile.

  1. Un inizio può essere utilizzare canali esterni, come ad esempio:
    1. Lista i contatti di primo livello (conoscenze personali) e chiedi di essere presentato
    2. Lista email
    3. Blogs
    4. Social media
    5. ADV (adwords, Facebook ads..)
    6. Cold calls
    7. Partecipazioni ad eventi o gruppi
  2. Poi vanno identificati i canali che utilizzerò direttamente per a promozione, ad esempio
    1. Content Marketing
    2. Advertising
    3. Forza Vendita
    4. Word of mouth

Key Metrics

Le metriche chiave che definiscono il business. In questa fase, sicuramente è necessario partire dai Minimum success Criteria (fattori minimi di successo), ossia il minimo risultato che permette al nostro progetto di sopravvivere dopo X anni, (dove x<=3).

Qualche consiglio su queste metriche:

  • Prevedi un periodo di massimo 3 anni (difficile vedere più in la, in questa fase)
  • Focalizzati ulle revenue piuttosto che sul profitto
  • Si tratta di stime, non di risultati ineccepibili.

Esempio: ” Costruire un business da 3 milioni di€ in 3 anni”

Struttura dei costi

In questa sezione si stimano i costi.
Un indicatore molto utilizzato è il Burn Rate, ossia la velocità con cui la startup consuma le risorse a sua disposizione. Tipicamente è espressa nell’arco temporale di un mese.
Un Burn Rate di 200k€ con 2M€ di capitale disponibile significa che sto spendendo 200’000€ al mese su 2 milioni e che a questa velocità la mia startup ha 10 mesi di vita.

Esempio:

200k€ costi fissi (personale, struttura)

100k€ costi variabili (packaging)

Vantaggio Competitivo (o barriere all’ingresso)

Dalla definizione di Jason Cohen, il vantaggio competitivo è “qualcosa che non può essere facilmente copiato o comprato”.

Un tipico errore è stilare qui il famoso “First Mover”, ossia l’essere i primi del mercato. In realtà, questo non è propriamente un vantaggio ma uno svantaggio, in quanto oltre al prodotto va costruito il mercato. Netflix ha impiegato quasi 20 anni in attesa che lo streaming diffuso permettesse alla sua vision di concretizzarsi. Molte delle compagnie più di successo (Toyota, Apple, Microsoft, Google) sono state in realtà Fast Followers.

Esempi di Unfair advantages sono:

  • Informazioni “interne”
  • Dream team
  • Clienti esistenti
  • Appoggio di celebrità
  • Grandi effetti sul network
  • Community
  • SEO ranking consolidato
  • Brevetti o licenze

Alcuni di questi si “riveleranno con il tempo”e piuttosto che inserirne uno poco significativo, meglio lasciarlo vuoto per il momento.

Conclusione

Il Lean Canvas è uno strumento fondamentale per schiarirsi le idee e mantenersi focalizzati nel tempo. Non è quindi un documento da scrivere e salvare in un cassetto, ma qualcosa da tenere aggiornato man mano che le cose cambiano. E lo faranno, questo è certo 🙂

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By | 2017-07-27T00:16:30+00:00 Giu, 2017|Categories: Produttività, Startups|Tags: , , |0 Comments

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